Commento al Vangelo di Don Giuliano – Domenica 24 Maggio 2020

ASCENSIONE DEL SIGNORE.

Potrebbe sembrare quasi ininfluente questa solennità dato che successivamente andremo a celebrare la Pentecoste, ma non lo è; è inserita nel tempo pasquale e denota un passaggio forte per la comunità terrena: il non sentirsi sganciati dal cielo. Fino al IV secolo Ascensione e Pentecoste si celebravano assieme. Quando ero piccolo, in questa domenica, o meglio il giovedì precedente la domenica, in quanto l’ascensione cade il quarantesimo giorno dopo la Pasqua, la parrocchia con grande partecipazione di popolo faceva una processione che raggiungeva un luogo in alto magari accanto ad un tabernacolo o in uno spiazzo aperto e panoramico per far percepire l’altezza equiparata a responsabilità per il credente. L’ascensione infatti,  segna il momento della scomparsa visibile, o meglio quella che noi definiamo visibilità fisica di Nostro Signore la quale però non è invisibile agli occhi del cuore (Prima lettura) e dall’altro lato sottolinea la visibilità della comunità cristiana, coprotagonista dell’azione terrena di Dio. Attraverso questa solennità entriamo nel cosiddetto Mistero della Chiesa che è corpo di Cristo (Seconda lettura), investiti di una grande responsabilità: attuare i comandamenti che il Signore ci ha lasciato, al fine di portare la salvezza a tutti. Tutta la Parola di Dio che abbiamo ascoltato nelle ultime domeniche riguardanti il grande discorso di addio di Gesù (sezione centrale del vangelo di Giovanni) serviva a far posto dentro i discepoli alla loro imminente responsabilità e missione dato che il Signore era necessariamente passato dal suo sacrificio alla Gloria del Padre. La circostanza dell’Ascensione del Signore non richiama affatto la distanza di Dio dall’umanità, al contrario infonde speranza in tutti coloro che lo ascoltano e seguono; siamo proiettati verso quel futuro che è realizzazione di tutte le cose, della salvezza, per la quale il Signore ha donato la sua esistenza terrena, fondandola sul suo dono d’amore. Il suo partire non è per lasciarci soli, ma a suo modo per rimanere con noi. L’incarnazione del Signore ha fatto si che anche la nostra umanità si rinnovasse e avesse accesso a quella Gloria conquistataci da Gesù, di cui sua madre, Maria occupa già. Mi piace quell’ ”avrete forza dallo Spirito santo” della Prima lettura; lo Spirito Santo dà forza, dà coraggio e spesso rifletto sulla nostra mancanza di coraggio nel compiere cose nuove, scelte nuove con una direzione più marcata: l’amore. Vorrei sottolineare che nonostante tutto anche in questa circostanza dell’Ascensione fra i discepoli serpeggiano problemi, c’è ancora chi dubita: un insegnamento evangelico forte, da conseguenze altrettanto significative, cioè che la fede è in una qualche misura accompagnata, da piccoli o grandi dubbi …. ma è sempre fede. Dio ha già vinto il mondo, ma noi non ce ne siamo accorti e come i discepoli dubitiamo mentre Dio non riduce mai la sua fiducia nei nostri confronti. Dio non si scandalizza della nostra fragilità, la usa, l’accoglie, la fa sua, ci scommette sopra. Ricordiamoci che la missione alla quale siamo chiamati, non è nostra, non nasce da noi, ma siamo in missione in nome del Signore, agiamo per conto terzi dove l’attenzione e l’impegno a questo punto devono essere usati con maggiore senso di responsabilità. Allo scopo, per questa grande missione, Dio ci trasmette lo Spirito Santo per essere sostenuti ed aiutati perché “senza di me non potete far nulla” (Gv 15,8) ci dice il Signore, ma grazie al suo aiuto potremmo davvero fare di tutto, anche insegnare e formare e favorire l’accesso alla fede in Gesù Cristo … questa si che è un’opera grande, salva le persone, le introduce nella Gloria del Padre alla quale tutti siamo chiamati, dove tutti siamo destinati. È finito l’allenamento ora inizia la gara… forza.

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