II DOMENICA DI QUARESIMA

La domenica della Trasfigurazione ci fa salire sulla montagna per farci dono di quella luce di cui abbiamo sempre bisogno nella vita; si tratta per noi di ricevere in anticipo quella dote che ci renderà forti nel momento della massima difficoltà. Non è automatica la cosa: nell’ ora della croce anche i discepoli furono sopraffatti dal peso della paura, dei dubbi e della disperazione, ma poi dopo la Resurrezione tutto cambiò. La luce del Tabor non è quella del sole, è invece quella della Resurrezione, è quella che illumina dentro, che illumina gli occhi del cuore. Per fare nostra l’esperienza della Trasfigurazione occorre non escluderci dal camminare, dal salire, dal faticare; soprattutto occorre ascoltare il Figlio, l’Amato. Le letture ci presentano uomini di Dio che sono saliti verso la cima del monte, luogo dell’incontro. Per Abramo si trattò del monte Moria dove fu sospinto da una profondissima fede ed estrema obbedienza verso Dio; il Dio di Abramo non volle la vita del figlio, al contrario donerà il suo Figlio Gesù a tutti noi. Anche Mosè salì il monte Sinai per ottenere da Dio, nonostante l’incredulità del popolo, le tavole della legge, i comandamenti da scolpire nel cuore. Anche in questo caso siamo di fronte a Dio che dona molto di più di ciò che chiede. Su quello stesso monte chiamato anche Oreb si recò il profeta Elia per incontrare Dio nel “sussurro di una brezza leggera”, un faccia a faccia dell’uomo con il Mistero. Così nella salita al Calvario e il morire sulla croce da parte di Gesù venne manifestato l’amore verso il Padre e verso l’umanità, un’eredità lasciata a ciascuno di noi affinché l’intensità di quell’amore potesse tradursi in obbedienza e dono di sé. Dio ci dona tutto e non desidera altro da noi se non il nostro ascolto, la nostra attenzione, il nostro cuore. In quella luce abbagliante i discepoli videro l’oltre della vita, anche della loro, in Gesù videro il volto glorioso di Dio. Videro, ma capirono dopo; come capita anche a noi quando andiamo ad elaborare certe vicende anche tristi, comprendiamo dopo, il passaggio di Dio, la sua misericordia, i suoi abbracci. Non sempre siamo in grado di usare quella luce che pure è già stata irraggiata con il Battesimo nei nostri confronti. Di questa luce, invece, abbiamo bisogno; ci occorre tutte le volte che scende l’oscurità, per affrontarla e superarla. L’ascoltare il Figlio, l’Amato, accresca la fede di ciascuno di noi, in modo da rendere luminosi i nostri gesti, i nostri volti, trasfigurati da quell’amore che ci fa riconoscere fratelli e sorelle e ci fa dire: “ È bello per noi Signore essere qui” perché siamo convinti che Lui è fra noi. Nella mia vita (ma sicuramente anche nella tua carissimo/a), ci sono stati lampi di fede che mi servono ogni volta che la strada si fa faticosa e buia, mi aiutano a non smarrire la direzione che passa dalla croce ma affoga nella luce.
Don Giuliano
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