DOMENICA IV DI PASQUA

Quello di oggi è fra i brani più conosciuti nel quale Gesù si presenta come il buon pastore, una delle immagini più care a noi cristiani. Oggi queste parole di Gesù risuonano ancora più forti perché proclamate all’interno del tempo pasquale e quindi arricchite dalla luce della resurrezione. Nel brano del Vangelo prevale per abitudine la traduzione “buon” pastore anche se il termine kalós significa “bello” dove la bellezza risiede nei gesti del pastore, quelli del donarsi, del donare la propria vita per le pecore, perché Egli le ama profondamente. A questo riguardo si parla del bel pastore in senso non solo estetico, ma nella sua unicità, ossia del pastore vero, autentico. La relazione fra le pecore e il vero pastore è rassicurante tanto da accrescere verso di lui l’affidamento di ogni singola pecora del gregge. Riguardo a noi si tratta di vivere la nostra vita, se pur fra i pericoli, in ambienti che sia chiamano famiglia, che si chiamano comunità, dove vengono superate tante di quelle paure e condizioni individualistiche ed egoistiche e dove è possibile avvertire il senso dell’aver bisogno dell’amicizia di tutti. In questo modo ci possiamo aiutare fra tutti nel camminare insieme, nel riconoscere chi è per noi una guida e chi no, e nell’impedire che nessuno si perda. Il ruolo del pastore è davvero impressionante dal punto di vista della responsabilità, pensiamo al ruolo dei genitori, talvolta basta un niente per danneggiare e ferire tutta la famiglia se non c’è attenzione o se c’è troppa superficialità. Tale ruolo consiste nel guidare in sicurezza tutto il gregge; il Signore dice a tutti noi e a ciascuno in particolare, che ci conosce e che noi conosciamo lui. Siamo proprio sicuri di questa ultima affermazione? Il conoscere il Signore, infatti, sfocia nella fiducia e nell’affidamento al buon pastore che ha interesse per sostenere, aiutare, far pascolare e far vivere le sue pecore, al contrario del mercenario al quale delle pecore non interessa niente e quindi di fronte a un pericolo non esita ad abbandonarle alla sorte mortale dei lupi. Nella seconda lettura, di San Giovanni, viene rimarcato l’impegno comune nel conoscere e nel far conoscere il Signore; ricordiamocelo si tratta di un impegno, altrimenti che dire? Ci vergogniamo forse di appartenere al Signore? Sapere che siamo figli di Dio ci fa sentire svalutati rispetto agli altri? Ricordiamo anche di non rappresentare per il Signore gli unici suoi figli, ci sono altri che non appartengono al nostro gruppo e verso i quali il Signore tende la sua mano per costituire un unico gregge. In occasione, oggi, della giornata di preghiera per le vocazioni, preghiamo per la chiesa, per tutti coloro che ci avvicinano a Cristo. Preghiamo per i sacerdoti, in particolare, affinché siano amati e aiutati, e allo stesso tempo anche usati per incontrare, seguire e servire il Signore. Preghiamo per loro perché si rendano sempre disponibili e aperti, operino con carità nel diffondere la bellezza dell’amore di Dio.
Don Giuliano
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