XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Nel Vangelo di questa Domenica viene affrontato il tema della fine del mondo; le persone chiedono quando e come esso accadrà. Il fatto che non lo si sappia costituisce un invito per il cristiano a vivere comunque coerentemente la Parola di Dio nella piena fiducia e speranza, senza soffermarsi su calcoli artificiosi e senza senso. Già l’incognita della venuta finale del Figlio di Dio ha un senso: quello di affidarci maggiormente a Lui manifestando nella vita la nostra appartenenza alla vita di Dio. Ciò non vuol dire che dobbiamo vivere aspettandoci quello che accadrà nella storia e nella vita nel mondo in modo passivo e vivendo come ci pare e piace con superficialità, come ad eliminare la prospettiva di una fine, esorcizzando il più possibile le situazioni negative che ci raggiungono. Non è così per il cristiano. Il cristiano vive in attesa, in prospettiva, consapevole che l’evento finale lo raggiunge e lo coinvolge, non come la fine, ma come inizio, come realtà nuova, come compimento del Regno di Dio. Il Vangelo di oggi ci invita a dotarci di uno sguardo e di una attenzione volta a distinguere gli eventi che segnano la nostra esistenza cogliendo in essi i segni di ciò che inizia e di ciò che finisce come il corso delle stagioni opera le sue trasformazioni nella natura. Tutto il mondo e le certezze umane termineranno, una cosa sola rimarrà: la Parola di Dio nella quale vi è l’invito ad amare, e fare il bene. Riguardo alla prima lettura che parla del giudizio sulle creature nell’evento finale, potremmo cogliere la condizione di angoscia che accompagna tale evento come richiamo all’attenzione di tutte quelle angosce che già oggi ci affliggono. Non si tratta della stessa angoscia provata dal migrante sul barcone che non sa se arriverà sulla terra ferma? O di quei ragazzini in Brasile o in Africa che non sanno se riusciranno a mangiare qualcosa durante la giornata? O di quelle giovani ragazze vittime del mercato del sesso che non sanno quando finirà la loro schiavitù? Tornano in mente le parole di Gesù “a ciascun giorno basta la sua pena”. I Vangeli sono stati redatti in periodi di forti avversità ed ostacoli; è giustificabile proporre il tema del ritorno del Figlio di Dio: quando il Signore verrà a salvarci e a liberarci? Egli viene sempre. La nostra esistenza avrà un suo senso se la caratterizzeremo con l’attesa; non si tratta di guardare ad un futuro lontano, già l’oggi appartiene al futuro, già oggi viviamo la Pasqua, già oggi il Signore ci viene incontro.
Don Giuliano
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