Commento al Vangelo di Don Giuliano : VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

I nostri atteggiamenti sono in grado di rivelare di noi la bontà e la misericordia così come la cattiveria e l’arroganza. La prima lettura parla del valore della parola e della comunicazione, che aiutano reciprocamente le persone a conoscersi, a far emergere la verità di se stessi soprattutto attraverso il comportamento. Il Vangelo ribadisce l’importanza della coerenza. Prima di intraprendere qualsiasi tipo di giudizio nei confronti del prossimo è sempre meglio esaminare prima di tutto noi stessi. Non si tratta di capire la saggezza di questa affermazione, ma si tratta di farla propria, accoglierla nel proprio cuore. Le verità delle parole evangeliche si confronteranno con la nostra realtà tanto da svelarne i limiti, ossia le nostre ipocrisie e contraddizioni perché ognuno di noi possa esaminarsi e correggersi. Ciò riguarda tutti, soprattutto noi credenti, noi Chiesa; la verifica sulla Parola del Vangelo è una verifica da praticare in modo permanente senza approdare a critiche esterne, ma nel concretizzarsi in esame di coscienza. Le parole del Vangelo sono parole che denunciano la cecità, ma soprattutto la superbia di coloro che frequentemente condannano gli altri e mai sono capaci di fare autocritica. Senza ergersi a giudici, perché non lo siamo, è bene essere cauti nel riprendere ed ammonire coloro che sbagliano, dobbiamo agire senza far prevalere la condanna, altrimenti invece di essere un intervento per recuperare coloro che sbagliano diventa la circostanza di maggiori divisioni e in seguito di maggiori distanze addirittura irrecuperabili. Se invece la correzione fraterna viene praticata con umiltà e con manifestazione di misericordia, coloro che ne vengono raggiunti potranno correggersi. Il Vangelo si sofferma anche sul rapporto discepolo e maestro per indicarci l’importanza del cammino formativo, quella formazione che ordinariamente si vive in comunità soprattutto nella partecipazione alla preghiera e ai sacramenti. Da qui i motivi per poi restituire, sempre all’interno della comunità e fuori, ciò che si è appreso, ma soprattutto vissuto nella quotidianità della vita, nella sequela se pur faticosa del Signore partecipando alla sua resurrezione (seconda lettura). Infine come alberi, per portare buoni frutti dobbiamo possedere un cuore buono, luogo carico di attenzioni e di gesti che esprimono la carità, luogo nel quale si ascolta e si parla con Dio, si prendono le decisioni vitali per noi e per gli altri, deposito di ciò che di più sacro abbiamo. Donami Signore un cuore buono.

Don Giuliano

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