IV DOMENICA DI QUARESIMA

L’intensissima parabola di Luca, detta del figliol prodigo o del padre misericordioso (da non tralasciare il figlio maggiore) riguarda i comportamenti dell’umanità di fronte alle scelte. Accade che si fanno delle scelte che non hanno lunga durata; spesso ci dimentichiamo che le scelte non sono tutte uguali: ci sono quelle primarie e quindi fondamentali, ci sono quelle successive e di supporto alle prime, ci sono quelle che contano poco o niente. Nel caso della parabola le scelte riguardano la vita, il suo sviluppo la sua realizzazione. I due figli leggono la vita in modo univoco, pensando a se stessi alla propria libertà, non curandosi di quelli che sono i rapporti principali come quelli dell’orizzonte affettivo dei legami familiari, ritenuti da tutte le culture sacri e fondamentali. Ebbene, come per tutti i peccati, se non ci confrontiamo con le nostre responsabilità e con i rapporti principali presenti nella nostra vita, rischiamo di camminare in una strada senza sbocchi, quindi priva di uscite e soffocante come quella del figlio maggiore legato al padre solo da un rapporto di sudditanza e servizio, mancante di quell’approccio emotivo naturale che costituisce la bellezza e la ricchezza di quella relazione. Stessa cosa la si può dire del figlio minore, il quale vive distaccato il rapporto con il padre esigendo e pretendendo quello che la legge avrebbe concesso alla morte stessa del padre: l’eredità a lui spettante. Circostanza che ci fa dire che per il figlio il padre non esiste, è già morto. Quando guardiamo anche noi il nostro rapporto con Dio non usciamo dalle due categorie espresse dai figli, siamo come loro, siamo racchiusi in quella forbice fatta di presunzioni, esigenze, superbie, egoismi, miopie ed indifferenze. Credo che aldilà di analizzare i tanti aspetti presenti nella parabola dovremmo davvero chiederci in che modo noi viviamo il rapporto con Dio; far partire da questo primo momento la nostra riflessione. Desideriamo avere in anticipo anche noi la nostra eredità senza averla meritata? Viviamo i rapporti familiari con freddezza, attribuendo alle cose valori che non hanno, ritenendoli pure superiori alle relazioni verso il padre ed il fratello? Il figlio minore è riuscito a farcela perché ha lasciato uno spiraglio nella sua coscienza, e pur di non lasciarci la pelle ha preparato un discorso che è stato messo in secondo piano dal Padre, il quale non si attendeva discorsi, ma la possibilità di riabbracciare il figlio. Fu l’amore del padre, come scrivono i padri della Chiesa, a salvare quel figlio; l’abbraccio dell’amore precedette quello delle braccia. Un gesto pieno di gioia per entrambi, un gesto che spesso dimentichiamo e facciamo male perchè rinunciamo ad un grande beneficio. Come quel figlio che non si era immaginata la reazione del padre, così anche noi non immaginiamo quanto sia grande l’abbraccio di Dio…ne abbiamo tanto, tanto bisogno….Lui ti aspetta.
Don Giuliano
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