XVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO

Un tema molto avvincente quello di oggi, un tema che entusiasma, incuriosisce e ci mette alla prova: la preghiera. Il Maestro insegna ai suoi discepoli a pregare, insegna a tutti noi, o meglio, ci rivela il senso e il significato della preghiera: un parlare a Dio esprimendo la nostra fiducia, il nostro credere in Lui, il nostro bisogno di essere aiutati riconoscendo la propria insufficienza, incapacità e debolezza. Non ci è permesso di prendere alla leggera o di dare per scontata la preghiera del Padre Nostro (l’aggiunta “nostro” secondo il Vangelo di Matteo); essa stabilisce il punto di partenza e di arrivo del nostro parlare a Dio, del nostro comportamento verso Dio, verso il prossimo, verso il male. Nell’invocare Dio “Padre Nostro” diamo conferma del nostro credere in Dio che è di tutti e per tutti, in Dio che è invito a vivere la vita immersi nelle relazioni, nel partecipare la vita in modo unito e collettivo. La frase “sia santificato il tuo nome” mette in evidenza la celebrazione di Dio anche in questo caso da parte del singolo e da parte della comunità. Al contrario notiamo quanto l’uomo celebri se stesso e quanto poco spazio viene riservato a Dio, portando avanti un progetto egoistico escludendosi dalla chiamata a svolgere e sviluppare la volontà di salvezza di Dio. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, pronunciato non con pretesa, ma come richiesta. Si tratta del pane frutto del lavoro umano (anche), ma soprattutto quel “pane” che l’uomo non è capace di produrre; si tratta del pane che proviene esclusivamente da Dio: la sua Parola e il suo Corpo. “Perdona i nostri peccati come…” noi perdoniamo agli altri. L’uso della carità e della misericordia è uno stile insegnato da Gesù ai suoi discepoli e pertanto si tratta di una indicazione esemplare che ogni uomo non può permettersi di ignorare; se lo fa uccide se stesso, annulla la propria capacità di amare. Infine “non abbandonarci alla tentazione” mostra la nostra fragilità e impossibilità di affrontare da soli il maligno; occorre davvero che Dio ci protegga e ci aiuti difendendoci da ciò che può allontanarci da Lui. La preghiera si conclude così come era iniziata, con un atto di fiducia e consapevolezza di un legame, sì impegnativo, ma forte e duraturo. Questa preghiera non è esclusivamente qualcosa da imparare a memoria e recitare in modo automatico, è una preghiera che serve ad impostare la propria esistenza, che ci aiuta a porci di fronte a Dio come un mendicante, un povero, bisognoso di sentire l’amore vero di un Dio che ci è sempre Padre e così agire di conseguenza: amando e rimettendo nelle sue mani e la sua volontà la nostra vita. La parabola che segue ci dice che la preghiera, quella sofferta, quella anche invadente trova risposta perché a chi chiede sarà dato, a chi bussa verrà aperto. Il comportamento di Dio Padre è quello di accogliere la vera preghiera del povero di ogni figlio bisognoso e farlo partecipe del dono dello Spirito.
Don Giuliano
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