OGNISSANTI E COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI

La vicinanza di queste celebrazioni mette in evidenza l’intima unione fra la vita vissuta, la morte e la destinazione ultima di ogni esistenza. La solennità di tutti i Santi ci proietta verso il futuro, verso il domani, ma soprattutto ci incoraggia a vivere il presente praticando il bene. La chiesa, formata da tutti i credenti e da coloro che sono in cammino per scoprire e crescere nella fede, se pur vive anch’essa la difficoltà del peccato, ci incoraggia a scoprire il senso primo ed ultimo dell’esistenza, segnalandoci gli esempi di coloro che in modo chiaro hanno vissuto e vivono la fede in Dio. Non dobbiamo limitarci a pensare che la santità appartenga alla sola dimensione postuma la morte. Gli atti di amore e di carità compiuti dalle persone nel nome del Signore alimentano la speranza e il desiderio di un mondo migliore; non si tratta di quella speranza umana frutto di calcoli, ma di quella cristiana in cui opera Cristo stesso nella radice delle situazioni. Vedere persone che si impegnano nell’affermare e ricordare i propri cari per le opere che essi hanno realizzato per la loro e nostra vita ci incoraggia a non perdere la visione del Regno che va compiendosi. Ciò ci aiuta a percepire quello spirito di appartenenza che ci lega gli uni agli altri e ci unisce nell’amore di Cristo. Riscopriamo il privilegio, di chi battezzato, porta nel mondo, nella società, nella famiglia la benedizione e la beatitudine e quindi la gioia che proviene da Dio. Appare come una contraddizione, ma anche la solitudine, la sofferenza, la malattia e la morte sono possibilità che concorrono a testimoniare la fede. Anche la nostra viva partecipazione qui nelle chiese, nei cimiteri costituisce un esercizio di speranza nel sentirci non esclusi dall’elenco delle beatitudini. Le beatitudini non sono dei comandamenti, ma condizioni di vita in cui ci si viene a trovare, talvolta inconsapevolmente, e che contengono la presenza trasformatrice di Dio: il lutto, il pianto, i dolori, le sofferenze, le varie povertà sono situazioni in via di redenzione nelle quali già la morte di Cristo ha operato il riscatto. Coloro che, in disagi pesanti, manifestano la loro speranza in Dio contribuiscono a rendere visibile la fede e ad accrescerla in tutti. Queste sono circostanze in cui non dobbiamo distrarci, non dobbiamo uccidere la nostra anima, queste liturgie ci aiutano, cogliamo questo aiuto, usciamo dal cimitero con qualcosa in più e non in meno…che anche i ricordi e i sentimenti ci aiutino, ma consapevoli che non bastano, occorre maggiore accoglienza della sua Parola…il Signore proclama le beatitudini: sono dentro o sono fuori, come mi muovo nel mio cammino di fede? Il ricordo dei miei cari cosa porta in me? Solo dispiacere? Solo pianto? Il profondo mistero della morte non alimenta, attraverso la morte di Cristo, la mia speranza di potermi un giorno ricongiungere a loro? Le liturgie di questi due giorni ci dicono che nella fede siamo già nel Regno di Dio, viviamo già in noi una vita diversa, arricchita dalla Pasqua di Gesù, non si nasce santi, ma con il battesimo e le varie Grazie di Dio donateci con i successivi sacramenti, siamo già indirizzati alla resurrezione. In questo caso solleverei dei dubbi riguardo a come viviamo i sacramenti, se relegati a quel momento o a quel solo giorno, oppure alimentati dall’impegno quotidiano, in quella ferialità, dove ha modo di crescere la nostra santità.
Don Giuliano
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