IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Oggi ascoltiamo il grande discorso della montagna, ovvero delle beatitudini. Si tratta di un elenco di situazioni, un discorso affascinante, ma non del tutto compreso o addirittura ritenuto paradossale e fuori dalla realtà. Se andiamo a rileggere il brano della seconda lettura, San Paolo parla di scelte che Dio ha compiuto nei confronti dei poveri in tutti i sensi affinché l’uomo non giunga a vantarsi di ciò che gli sembra di essere e di avere, tanto da arrivare ad ignorare Dio stesso; l‘apostolo termina dicendo: chi si vanta si vanti nel Signore. Ci viene consegnata tale indicazione affinché porti luce nei nostri pensieri e atteggiamenti di superbia e di orgoglio verso altri, basati solo su differenze sostanzialmente materiali e superficiali. Gesù proclama “beato” colui che vive l’essenzialità, la semplicità della propria vita, in quanto vive la vicinanza di Dio. L’appartenere a Dio, a quella che Gesù ha inaugurato come nuova umanità, costituisce la beatitudine di fondo della nostra esistenza. Non c’è da proiettare nel futuro l’attesa di una beatitudine che speriamo di ottenere, ma la consapevolezza che la beatitudine è una condizione che già è alla nostra portata quando ci mettiamo in cerca della giustizia e dell’umiltà (prima lettura) e le pratichiamo nel nome di Dio riconoscendolo quale nostra certezza. Gesù quando parla e avverte l’attenzione dei propri ascoltatori, sente la loro fame di verità, di giustizia e di pace; in un certo senso vede povera gente, vede la loro miseria, vede la loro disponibilità e sicuramente anche il loro affetto. Gesù vede persone già immerse nella beatitudine, ma che non sanno decifrarla come forse anche noi non siamo capaci perché forse sopraffatti da pensieri e giudizi che ci portano alla superbia e non all’umiltà. Potremmo dire: beati noi che andiamo in chiesa e che ci consideriamo migliori degli altri? Assolutamente no. Se andiamo in chiesa scopriamo il dono della grazia di Dio che come dice San Paolo ci ha scelti e se ci ha scelti non ci ha scelti per vantarci, ma per amare e servire il prossimo. La beatitudine non è una conquista, ma la ricezione e accoglienza di Dio: Dio è la nostra beatitudine.
Don Giuliano
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