V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

Il comportamento buono o cattivo dell’uomo può inevitabilmente condizionare una intera società. Nella prima lettura si invita il buon israelita a compiere atti di giustizia e di carità partendo non da un dovere solo legalistico, ma mosso dal buon cuore affinché le opere compiute possano illuminare i comportamenti di altri. Occorre lottare contro la superficialità: prima di compiere opere buone ci sono atteggiamenti da togliere. Nel Vangelo, oltre alla Parola che era considerata luce e sale della terra, Gesù dichiara tali anche i propri discepoli: come il sale serve per dare sapore ai cibi, così i discepoli sono chiamati a dare significato e senso alla Parola di Dio attraverso i propri buoni comportamenti. Il sale serve anche per conservare i cibi; per i discepoli del Signore si tratta di difendere l’umanità da tutto ciò che può corromperla, che può farla marcire e morire. L’essere dichiarati sale fa sì che ognuno di noi avverta la missione di non sprecare i doni di grazia che il Signore ci ha concesso. I discepoli di Gesù sono detti “luce” del mondo, così come Gesù si era dichiarato nel tempio di Gerusalemme; in quella circostanza aveva aggiunto: “chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Per i discepoli essere luce aggiunge la grande responsabilità di ottenere alle persone la chiarezza della salvezza. Come fare a realizzare tutto questo? Con la propria disponibilità, se pur povera e fragile, ma tesa a mantenere il legame d’amore con Cristo. La luce e il sale sono necessari per la vita. Senza luce c’è il buio, non si riesce a vedere niente; come sarebbe il mondo senza luce? Senza sale non gusteremo i cibi perché sarebbero privi del loro sapore. La luce e il sale sono, ora, adesso i discepoli di Gesù, siamo noi: dobbiamo cercare di essere quello che siamo così come ci definisce Gesù. Abbiamo il compito di evidenziare le situazioni intorno a noi, ossia, illuminare la vita di ogni giorno affinché si veda ciò che è buono da ciò che non lo è; ovvero evitare i rischi che porterebbero al fallimento se il sale perdesse sapore, la vita diventerebbe sciocca e se la luce venisse nascosta, rimarrebbe la tenebra. Abbiamo il compito di valorizzare il significato delle azioni, soprattutto quelle che portano il bene, portano l’amore di Dio e saperle riconoscere da quelle che invece portano egoismo e cattiverie. La luminosità si manifesta attraverso la bellezza delle opere buone che uniscono l’aspetto estetico e morale. La fede va così trasformata in luce perché possa attirare quell’attenzione che serve a smuovere la società dall’immobilismo: questo è il compito di tutti noi discepoli.
Don Giuliano
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