Commento al Vangelo di Don Giuliano : Santa Pasqua

SANTA PASQUA

Credo che oggi non sia un giorno come un altro, però per molti, forse per troppi lo è. Mi domando quale significato ha questo giorno per le persone? E per me? Il fatto che Gesù Cristo sia risorto dalla morte ha una ricaduta sui miei pensieri, sul mio essere, sul mio agire, sul mio vivere? Quanto mi tocca, se mi tocca, questo avvenimento? L’aspetto religioso fa parte della propria educazione, della propria formazione (non so, guardando questo mondo, per quanto ancora), ma viene considerato subordinato a molte, a troppe scelte personali e collettive che le persone fanno. La resurrezione è opera assoluta di Dio; si tratta di un’azione che l’uomo non è capace di compiere, ma all’uomo viene partecipata perché non si tratta di un’opera egoistica di Dio. Egli l’ha costruita per noi: percorrendo la strada dell’uomo lo ha portato alla morte, ma da quel momento tragico è scaturita la vita nuova. Non ci rendiamo conto che siamo ancora oggi con-causa di distruzione della vita sia quella della natura e dell’ambiente, sia quella umana. In nome di che cosa seguiamo idee e ragioni che inesorabilmente portano alla morte? Ma perché continuiamo a fare cosi? Perché ancora prestiamo i fianchi delle nostre esistenze a quel male che imperversa; il male, come impazzito dalla potenza della resurrezione si rivale su di noi, ci manipola, ci piega, ci distrugge senza farci sentire il bisogno, la necessità di aggrapparci a chi solo può salvarci. Ha ragione la Chiesa quando ci ricorda che la fede in Cristo morto e risorto è innanzitutto un dono per noi; un fatto che va oltre la storia e che ci rende parte attiva nel piano di salvezza. Cerchiamo di comporre come un puzzle la nostra condizione di credenti, ma se ci mancano le tessere non riusciremo ad avere l’immagine completa. Fra le varie colpe che abbiamo c’è la distrazione; giungere a Pasqua senza un minimo di cammino, con difficoltà riusciremo a smaltire la botta di vita della resurrezione. Ci sono anche i motivi di certe nostre assenze che potremmo giustificare: lavoro, impegni. Ma non tiriamo troppo la corda della già nostra esile spiritualità, si potrebbe spezzare. A Pasqua la Chiesa fa festa sia per ogni singola persona che accoglie il dono spropositato della resurrezione, ma anche perché è un’occasione collettiva, comunitaria per risollevarsi. Riguardo alla resurrezione, o meglio alla constatazione della tomba vuota, come descritta dai vangeli, non proviamo paura come le guardie che caddero tramortite o come le donne che quel mattino andarono al sepolcro, ma purtroppo non proviamo nemmeno la gioia. Non possiamo ridurre la religiosità a puro sentimentalismo, ma il non provare alcuna emozione spirituale conferma che ancora il nostro cuore non lavora come dovrebbe. Come le donne e i discepoli, ripartiamo da quella frase dell’angelo: “come aveva detto”; anche noi cerchiamo di ripassare la nostra memoria, il nostro cammino di fede, i nostri incontri, i nostri momenti forti e deboli; lasciamoci stupire. Anche noi possiamo ripartire, ricominciare a camminare a risollevarci dalle nostre pigrizie ed egoismi; cogliamo nello slancio della prima comunità cristiana il valore e il significato da dare alla propria comunità intensificando la formazione, la preghiera ed essere capaci di annunciare, di essere strumenti dell’annuncio. Per quanto riguarda la resurrezione, come fatto e avvenimento, la sua constatazione grazie anche alle apparizioni di Gesù, non coinvolse masse di persone, ma quel gruppo prescelto che aveva formato, che lo aveva seguito e accompagnato. Ciò ci dimostra che nei confronti della fede occorre un cammino, un impegno, un vero e proprio compito di trasmissione gli uni verso gli altri, coinvolgendo mente e cuore. Per questo la pedagogia della Chiesa è pedagogia del Vangelo, che propone anno dopo anno, giorno dopo giorno il ripercorrere l’itinerario del Gesù terreno, nel rendere quegli avvenimenti non diretti ed esclusivi nei confronti di quelle persone di allora, ma di oggi, persone in ogni luogo e di ogni tempo, quindi a noi, adesso. Ogni circostanza celebrativa è momento di grazia e siamo chiamati a viverla con attenzione e disponibilità; non riusciamo a comprendere tutto e nemmeno riusciremo a trasmettere tutto quello che proviamo e avvertiamo anche in questo giorno, ma dobbiamo provarci e fare in modo che l’augurio della buona Pasqua sia sincero tanto da rompere la crosta dura che ci separa gli uni dagli altri. Quindi: sentitevi scelti, chiamati, e inviati ad annunciare questa bella notizia: il Signore è risorto, è vivo dentro ognuno di noi: accogliamolo e viviamolo, insieme. Amen. Alleluia.

Don Giuliano

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