DOMENICA III DI PASQUA

Il Signore appare ai discepoli e li invita a guardarlo e a toccarlo affinché lo riconoscano, così come chiede qualcosa da mangiare perché comprendano che Egli possiede un corpo; il tutto avviene perché i discepoli sono pietrificati dalla paura e dalla gioia nel vedere il Signore. Il fatto che non vi sia un immediato riconoscimento di Gesù risorto invita a riflettere sul significato del vedere e toccare. Il cammino di fede è faticoso anche dopo la resurrezione. Non basta raccontare ciò che ha compiuto Gesù per convertire le persone, occorre aggiungervi la propria esperienza di vita e di fede condivisa con Gesù. Se ho incontrato il Signore lo devo comunicare con le mie parole e le mie capacità; è bene che io lo faccia, altrimenti rischio e rischiano gli altri, che Dio rimanga per tutti un dubbio per sempre. Di fronte al Signore crocifisso avvertiamo gli effetti del suo gesto estremo dentro di noi, ma quando guardiamo al sepolcro vuoto o al Signore che non appare secondo le nostre previsioni, tutto diventa difficile, occorre davvero quel salto di fede, lo stesso che Gesù chiede ai discepoli: guardate, toccate. È essenziale per tutti l‘incontro con il Signore; non basta che qualcuno mi parli di Lui, occorre che anch’io mi impegni per vederlo e toccarlo. Se il Signore mi dice di guardare e toccare le ferite, vuol dire che quella è una strada per incontrarlo è bene che io guardi nelle mie ferite e nella mia piccolezza, così guardi nelle ferite che portano gli altri e nelle loro povertà e possa vedere che Lui è lì. Così, come è presente nei legami e nelle amicizie che vivo, è presente nella comunità dove i legami non sono formali, ma di comunione verso e con il Signore. Se facciamo gesti di carità la nostra fede riceve quelle capacità necessarie per poter meglio riconoscere i segni della resurrezione e rendere così la fede non un qualcosa di astratto, ma di concreto. Alcuni sono abbastanza maturi per non accontentarsi solo di dire credo nel Signore perché qualcuno, in famiglia o in parrocchia, me ne hanno parlato: il dire quando e come abbiamo incontrato il Signore necessita di una esperienza che può essere trasmessa anche dalle famiglie e dalla parrocchia, ma attraverso fatti e avvenimenti concreti. Il Signore appare nel mezzo della vita che vivi, non nascosto dietro ad un muro, ciò per dire che puoi imbatterti in Lui in modo semplice e normale, attraverso le persone o fatti che risultano importanti e decisivi nella vita, non solo fatti belli, ma anche brutti e dolorosi. La resurrezione, comunque, non è un evento che ci spinge a guardare indietro, ma avanti. Al termine del Vangelo secondo Luca, il Signore invita a essere missionari, testimoni e annunciatori della presenza di Dio nella vita di ogni persona che incontriamo mediante l’amore che perdona (il tema del perdono è presente in tutte le letture di oggi) e produce pace dentro e fuori di noi. Non si tratta di un invito per pochi, ma per tutti, anche per te.
Don Giuliano
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