Commento al Vangelo di Don Giuliano: XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Il Signore cammina accanto alla nostra fragile umanità; fragile in tanti sensi, ma soprattutto chiusa al vero bene che Gesù può portarle. Non sono chiuse le speranze di due personaggi che chiedono aiuto a Gesù: la donna ammalata da anni e Giàiro, il capo della sinagoga per la figlia che sta morendo. Un doppio miracolo intrecciato fra la malattia dell’una, che dura da dodici anni e l’età della figlia, di dodici anni. La speranza di questi due personaggi costituisce la chiave di lettura del brano del Vangelo; essi ci aiutano ad aprirci ad una fiducia e ad una speranza superiore a quella umana. Grande è la fede della donna malata, che vive emarginata e nel nascondimento la sua condizione; lei spera dentro di se che, solo toccando la veste di Gesù potrà guarire. Ogni tanto questo miracolo si ripete quando qualche persona dopo tanto tempo si riavvicina alla comunità, alla chiesa, all’ascolto interessato della Parola di Dio. Il messaggio cristiano, la pratica religiosa porta tanto bene dentro le persone che acquistano docilità e sensibilità verso il prossimo. Non ci pensiamo, ma ogni volta che partecipiamo veramente con tutta la nostra persona ad una celebrazione, siamo raggiunti dalla condizione di comunione e di pace, che a conti fatti, non meritiamo, ma delle quali avvertiamo benefici dentro di noi. Così il partecipare ad una celebrazione, il fare buone azioni di aiuto o di carità, il perdonare qualcuno, l’avvertire l’affetto delle persone ossia il sentirsi amati, sono il frutto dell’aver toccato il lembo della veste di Gesù significata in tante circostanze della nostra vita. In questo modo la donna, non solo viene guarita fisicamente, ma anche socialmente, potrà riprendere una vita normale fatta di relazioni. Anche il capo della sinagoga non cede alla tentazione di non credere e di non sperare, così assieme alla moglie e ai discepoli di Gesù prova il grande stupore che l’azione amorosa di Dio può creare. La nostra vita fisica necessita del supporto della speranza e della fede cristiana; per noi cristiani infatti non c’è netta separazione fra anima e corpo, in quanto prevale il “dopo” e proprio quel dopo ci invita a valorizzare e difendere la vita, sempre, come valore, o meglio come dono assoluto di Dio verso tutti. Pur essendo stata vinta la morte, ancora l’umanità vive nella prova e solo attraverso una piena fiducia e appartenenza nella comunione dei fedeli, potrà difendersi dalle forze del male di cui il Vangelo di oggi ci mostra la via d’uscita: cercare, raggiungere, trovare e toccare con tutti i mezzi il Signore, a Lui, solo a Lui, raccomandarsi. Sanati dai mali ancor più letali di quelli fisici, facendo tesoro della ricchezza e dell’abbondanza d’amore riversata nei nostri cuori (seconda lettura), a nostra volta mostriamo la nostra identità e doniamoci nella carità verso coloro che ancora non hanno compreso che siamo diventati “ricchi per mezzo della sua povertà”, al fine di raggiungere l’uguaglianza, la giustizia e la pace. Come comunità cristiana non dovremmo mai rinchiuderci in noi stessi, ma favorire i contatti con tutti, come faceva Gesù consentendo di farsi toccare; è un tocco che guarisce.

Don Giuliano

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