Commento al Vangelo di Don Giuliano : XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Abbandoniamo per alcune domeniche il Vangelo di Marco e ascoltiamo quello di Giovanni, in particolare il capitolo 6 riguardante i discorsi sul pane di vita, preparazione alla cena del Signore. Questa è la domenica della moltiplicazione (anche se si tratta più di una con-divisione) dei pani e dei pesci, ossia dell’unico miracolo comune a tutti i vangeli. Lo sfondo temporale di questo miracolo è la Pasqua, come annota l’evangelista, per cui occorre non dissociarlo dal pane-corpo che Gesù donerà prima della sua passione. Questo miracolo, essendo premessa al miracolo dell’Eucarestia, continua a coinvolgerci e a chiederci di cosa siamo affamati, chi e cosa può saziarci. Gesù conosce la fame dell’uomo per questo non si limita a donare quel pane, ma vi aggiunge se stesso: “chi viene a me non avrà più fame” (Gv 6,34) dirà successivamente. Alla ricerca di una soluzione per sfamare la folla, Gesù vede la Pasqua, vede il dono di se stesso, mentre i suoi discepoli rimangono legati ai calcoli e alle loro impossibilità. Gesù trasforma il poco in molto per insegnare il gesto della condivisone rivestita di fiducia e speranza per sottolineare l’efficacia di piccoli gesti compiuti per amore verso il prossimo. Se ci pensiamo, in vari brani della bibbia tutto inizia dal poco, come le monete della vedova, come la giovinezza di Davide o di Maria: è necessario fidarsi e metterci nelle mani di Dio. Questa prima parte del Vangelo è indicazione di chi solo può completare l’umanità, va vista, letta e meditata affinché riconosciamo in Cristo l’appagamento della nostra esistenza. Il Signore basta e avanza nel colmare ciò di cui è mancante l’umanità. Riusciamo a cogliere nell’Eucarestia Colui che ci sfama in modo sovrabbondante tanto da essere comunicato ancora agli altri? Avanzano dodici ceste, una per ogni discepolo, una per ciascuno di noi perché ognuno possa continuare nella vita quell’evento. La seconda parte del Vangelo è anch’essa significativa, ma rischia di essere fraintesa e trascurata. Si tratta della fuga di Gesù dalla folla che, appena nutrita e alla vista di tale miracolo voleva farlo re. La grandiosità del miracolo che saziò un tipo di fame, allo stesso tempo rese cieca la folla a tal punto da renderla serva di quel potere per una finalità “politica”. La fuga di Gesù è comprensibile e diventa monito ai cristiani e alla chiesa affinché essa non si serva mai dei bisogni dell’umanità per sottometterla, ma agisca come Gesù, servendola donandosi. Quella di Gesù è fuga da un potere che non è il suo, Egli fugge dal potere degli uomini, un potere che genera ingiustizie, fame e morte, al contrario del suo che consiste nel farsi povero e piccolo con i poveri e i piccoli di questo mondo; il suo è il potere del servizio e della comunione. Gesù non è il maghetto di turno che trasforma le cose e che può essere usato come il genio della lampada; Gesù ti invita a condividerti, perché ti ritiene capace di fare come lui, nell’alleviare qualsiasi fame delle persone a te vicine. 

Don Giuliano

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