XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Come dicevamo domenica scorsa, le persone rincorrono e cercano Gesù perché desiderano ancora qualcosa che li sazi, vogliono vedere altri segni spettacolari. L’uomo cerca un pane quale nutrimento provvisorio e relativo che risulta non sufficiente per la propria vita; c’è invece un altro pane più nutriente, ovvero che dà senso all’esistenza con una prospettiva infinita, quello è Gesù. Lo dice Gesù stesso:” Io sono il pane della vita, chi viene a me non avrà fame, mai”; senza di Lui si muore definitivamente. Per cosa ci diamo da fare? Per qualcosa che passa e finisce? La gente cerca Gesù per ottenere miracoli, non desidera parole, non desidera Gesù, non desidera Dio. L’intervento di Gesù serve a purificare le persone da quell’idea di fede erronea e falsa che finisce con l’ingannare le persone, col dividerle e non a promuovere in loro la vera amicizia con il Signore, pronti poi a seguirlo ed imitarlo nel donarsi. Egli reagisce alla posizione della folla che vuole vedere per credere, mentre Lui capovolge tale visione in credere per vedere; il tutto per giungere a riconoscere in Dio colui che si dona e ci dona la sua grazia. Dobbiamo abbandonare il pensiero che i miracoli servano per giungere alla fede, non è così; è vero l’opposto, cioè: è la fede, il credere in Dio, che ci apre gli occhi ai tanti miracoli, ai tanti interventi che Dio ha operato e opera nella nostra vita, così da poterli individuare. Il miracolo di Dio per l’umanità è Gesù. L’invito di Gesù ad avere fede costringe l’uomo ad operarsi per ricercare attraverso riflessioni, confronti ed esperienze il senso vero e profondo della propria esistenza, allontanandosi dalla falsa concezione di autonomia e autosufficienza che non porta da nessuna parte, ma ci lascia schiavi del proprio egoismo. Ci concentriamo su ciò che crediamo essere i nostri bisogni (prima lettura) senza approfondire ciò che ci dà Dio. Cosa dobbiamo fare? Credere! C’è un cibo che dura per sempre e traghetta la vita nell’eternità; “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt.4,4); si tratta della Parola che diventa carne e poi diventa cibo. Non possiamo continuare a chiedere cose a Dio quasi a sottometterlo alla nostra volontà, ma iniziare ad accoglierlo e riconoscerlo autore di quei doni più semplici e quotidiani che riempiono di bene e portano gioia e santità (seconda lettura) nella nostra vita. Lui si è già fatto Eucarestia per noi, sta a noi adesso fare lo stesso e diventare anche noi eucaristici.
Don Giuliano
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