XXI DOMENICA TEMPO ORDINARIO

Si avverte ancora in questa domenica la compattezza e durezza dell’atteggiamento di Gesù, in cammino verso Gerusalemme, venuto a portare il fuoco sulla terra, generando nelle coscienze delle persone una sfida continua finalizzata all’incontro con il Mistero. Gesù coglie in una domanda, postagli da un tale curioso o pieno di dubbi, l’occasione per approfondire il tema della salvezza. Chi si salva? Non so se questa domanda interessa l’uomo del ventunesimo secolo; vedo molta agitazione nell’umanità nella ricerca di una salvezza equivoca e poco durevole che non tiene conto della risposta di Gesù che da una parte è chiara ponendo Lui stesso come porta di accesso alla salvezza, dall’altra mostra anche una certa drammaticità per chi conduce la propria vita all’insegna di una presunta salvezza carente però di un vero e proprio rapporto verso Dio e il prossimo. Una cosa è certa: nella risposta di Gesù, senza fare tanti giri di parole, la salvezza è operata da Dio pur ammettendo, laddove la cosa si verifichi, l’impegno e la coerenza dei cristiani e comunque di tutti quegli uomini e donne che hanno vissuto la vita come dono verso tutti. Dato che questo Vangelo risuonerà nelle chiese (ahimè, abbastanza vuote) indirizzato a persone cristiane, ciò non deve amareggiarle o sconfortarle, ma riaccendere nei loro cuori la ricerca dell’essenzialità della fede che costringe ciascuno ad affidarsi maggiormente al Signore, rinnovandosi ed esercitando il ministero della carità che non contempla in sé alcuna pretesa, ma che ricolma di gioia i cuori. Non ci salviamo perché battezzati; il sacramento non ci garantisce la salvezza, costituisce l’innesto nella vita di Cristo che occorre però far fruttificare come tante persone, i santi, che nel corso dei secoli hanno lasciato esempi significativi. Purtroppo molti che si dicono credenti, quando pur vantando la propria partecipazione religiosa non riescono a tradurla in opere degne dei messaggi ricevuti, generano una testimonianza controproducente. Per il Signore la sola partecipazione alla ritualità non è sufficiente, se poi quell’incontro non viene trasformato in impegno, in annuncio, in amore. Il brano ci presenta l’avverarsi di quella verità escatologica del ribaltamento delle situazioni, come anche contenuto nel magnificat di Maria, “vi sono ultimi che saranno primi, vi sono primi che saranno ultimi”. Le parole di Gesù smontano certe convinzioni, alzano la soglia della nostra attenzione e del nostro discernimento per non cadere in una crisi, un dramma, di cui viene già enunciata la sentenza di rifiuto. L’essere messi in guardia non deve scoraggiarci, ma correggerci (seconda lettura) nel cercare di vivere coerentemente e visibilmente ciò che siamo diventati nel far parte della comunità cristiana, sempre alla ricerca di migliorare i nostri comportamenti … la prova della porta stretta ci attende tutti.
Don Giuliano
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