Commento al Vangelo di Don Giuliano : XXVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO

XXVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO

L’insegnamento del Signore, piace a molti perché contiene in se tante cose buone, belle, ammirevoli, ma sperimentiamo che è difficile metterlo in pratica. Occorre una forza che non sempre riscontriamo dentro di noi. Così sarà successo anche ai discepoli nel mentre che Gesù parlava di amore e di perdono, essi si accorsero che occorreva più capacità per affrontare le varie difficoltà che la vita prospettava loro e anche occorreva più fiducia nei confronti del maestro, così formularono la loro preghiera: “Signore accresci la nostra fede”. È questa sicuramente la più forte e più vera preghiera dell’uomo verso Dio in quanto chiede la fede, chiede di vivere la vita non da soli, ma accompagnati dall’aiuto di Dio. Il discorso riguardo alla fede è un discorso grande nella Chiesa, ma non è solo un tema di cui troviamo ampia documentazione negli scritti dei concili e nelle omelie, è anche un tema discriminante fra i cristiani. Chi ha fede e chi no? Cosa contraddistingue il cristiano da altre religioni? Domande realistiche dato che viviamo in una società che si dice cristiana (sicuramente lo è anagraficamente) e religiosa, ma dovremmo anche aggiungere poco praticante che potrebbe anche voler dire poco credente. La fiducia nell’altro presuppone una relazione, il frequentare Gesù da parte dei discepoli faceva loro scoprire di cosa avevano bisogno per seguirlo; questo vale anche per noi: per affermare di credere in Lui abbiamo bisogno di conoscerlo e frequentarlo. Non basta quindi affermare il proprio generico sentimento religioso. Durante la Messa i fedeli sono chiamati a pronunciare in chi credono. Si chiede che la preghiera a Dio questo venga pronunciata non solo muovendo le labbra, ma con la partecipazione del cuore. Credere in Dio vuol dire amarlo vuol dire esercitare la propria carità che è centro della fede, come dice San Paolo: “se possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, sono un nulla” (1 Cor 13,2). Il Vangelo parla di quella fede equiparata ad un granello di senape e poi aggiunge il discorso del servo e del padrone che ci indica l’atteggiamento che siamo chiamati a vivere nei confronti di Dio: il servizio. Non ci dobbiamo scandalizzare del fatto che Gesù parli di servi inutili; ciò non significa che il proprio impegno non serva a nulla e che ognuno di noi sia inutile, ma che siamo semplicemente servi, alla luce del fatto che Dio stesso si è fatto servo. Il Figlio di Dio ha compiuto ciò che doveva compiere. Per ottenere la fede occorre chiederla… senza vantarsi, ma solo ringraziare, consapevoli che siamo servi, lavoriamo nella vigna del Signore, siamo figli di Dio, sforzandoci di esserlo sempre in ogni circostanza. Cosa dire quando siamo cristiani tiepidi di questo mondo? Ci risponde oggi San Paolo a Timoteo: “ravviva il dono di Dio che è in te”. Possiamo anche aggiungere di non sprecare il tempo, la prima lettura, infatti, ci ricorda che c’è una “scadenza”…

Don Giuliano

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